Mantenimento di figli nati da genitori non coniugati: competenza della Pretura o dell'ARPM?
Qual é l'autorità competente alla quale rivolgersi per richieste di mantenimento in favore del figlio?
A differenza dei figli nati durante il matrimonio, esistono ancora competenze diverse per quanto riguarda i figli nati da genitori non coniugati.
Nel caso dei figli nati durante il matrimonio il mantenimento e le questioni relative agli stessi sono risolte dal tribunale nell'ambito delle procedure di protezione dell'unione coniugale (PUC) e di quelle di divorzio (art. 176 cpv. 3 CC ed art. 133 cpv. 1 CC). Per la modifica dei contributi di mantenimento é competente l'ARPM (Autorità regionale di protezione dei minori) solo in caso di accordo dei genitori (art. 179 cpv. 1 CC ed art. 134 cpv. 3 CC), anche se i contrubuti di mantenimento erano stati stabiliti precedentemente da un tribunale. In cvaso di disaccordo occorre rivolgersi al tribunale (art. 179 cpv. 1 CC ed art. 134 cpv. 3 CC, vedi anche art. 286 cpv. 2 CC).
Nel caso di figli nati da genitori non coniugati, a volte é competente l'ARPM mentre altre volte é competente il tribunale. Schematicamente vale quanto segue:
In caso di accordo: omologazione ed assistenza da parte dell'ARPM
In linea di principio, solo l'ARPM è responsabile per l'affidamento la custodia e la cura da parte dei genitori di figli nati da genitori non coniugati. L'ARPM è responsabile della regolamentazione del mantenimento dei figli solo se c'è un accordo tra i genitori del bambino (art. 287 cpv. 1 CC). Sulla base di questa competenza, l'ARPM assiste i genitori non coniugati a redigere accordi di mantenimento.
In caso di mancato accordo: decide il tribunale
Se però non è possibile raggiungere un accordo, l'ARPM non può determinare il mantenimento (vedi art. 286 cpv. 2 CC ed art. 298b cpv. 3 CC ed art. 298d cpv. 3 CC). Il mantenimento dei figli deve quindi essere richiesto al tribunale con un'azione di mantenimento. In questo caso il tribunale diventa anche competente per le altre questioni inerenti ai figli (che di principio sarebbero di competenza dell'ARPM) e ciò con evidente finalità di economia procedurale.
A differenza delle azioni a protezione dell'unione coniugale e di quelle di divorzio, l'azione di mantenimento del figlio dev'essere preceduta da un tentativo di conciliazione, a meno che prima di avviare la procedura giudiziaria il genitore si é rivolto all'ARPM (art. 198 lett. b CPC).