Le retrocessioni nell’ambito del contratto di mandato
A quali condizioni é possibile percepire delle retrocessioni? Il cliente può esigere informazioni sulle stesse?
Assai frequente è il caso in cui un soggetto percepisce una prestazione in denaro da una banca (ma anche da altre persone, sia fisiche che giuridiche) per aver apportato alla stessa un cliente, che di norma conclude con la banca un contratto (per esempio di gestione patrimoniale).
Il soggetto che apporta un cliente (o potenziale tale) ad un terzo è comunemente definito “apportatore” (o procacciatore d’affari). Quale apportatore funge sovente un fiduciario o un gestore patrimoniale, ma potrebbe fungervi anche qualsiasi altra persona.
La prestazione in denaro che percepisce l’apportatore viene comunemente chiamata “retrocessione” (ma anche in altro modo, come “Finder’sFee”, “Kickback”, ecc.). Tale prestazione è una sorta di remunerazione per aver fatto concludere ad un altro soggetto (per esempio ad una banca) un affare, che non sarebbe stato concluso senza l’agire dell’apportatore. Detto in altro modo: l’attività dell’apportatore è causale per la conclusione di un contratto tra il soggetto apportato ed il soggetto che conclude poi con lo stesso un contratto.
Se tra l’apportatore ed il soggetto che egli apportaad un terzo vi è un contratto di mandato (ai sensi degli artt. 394 ss. CO) vi sono particolari questioni da tenere in considerazione, il cui mancato rispetto potrebbe innescare una serie di conseguenze. In tal caso infatti il soggetto apportato è altresì cliente, e meglio mandante, dell’apportatore (che è al contempo il mandatario di tale cliente-mandante).
Va subito fatto notare che l’esistenza di un contratto di mandato (che implica tali conseguenze) non richiede per la sua conclusione la forma scritta. Il contratto di mandato può essere persino concluso anche tacitamente o per atti concludenti, per esempio qualora una persona s’impegni a gestire uno o più affari per un’altra persona dietro un compenso o anche solo a svolgere in forma remunerata una determinata attività (per esempio una semplice consulenza). Viene da sé che il vincolo contrattuale risulta essere dato più spesso di quanto si possa comunemente credere.
Se – come è sovente il caso – il rapporto contrattuale di mandato è esistente, l’apportatore ha l’obbligo di tutelare e più in generale di fare gli interessi del suo cliente-mandante. Tra questi obblighi vi è anche quello – sancito dall’art. 400 cpv. 1 CO – d’informare il proprio mandante del fatto che apportando lo stesso ad un soggetto terzo si percepisce una retrocessione, così come anche quello di restituire al cliente-mandante tutto ciò che per qualsiasi titolo si ha ottenuto in forza del mandato. Qualora l’apportatore fosse una società (per esempio una SA o una Sagl) quest’obbligo di rendiconto incombe agli organi della stessa.
In caso di violazione di questo obbligo contrattuale, l’apportatore (che come detto è al contempo mandatario) potrebbe incorrere in gravi conseguenze, sia in ambito civile come anche in ambito penale.
Dal punto di vista civile, il mandante (cioè il soggetto apportato ad un terzo) potrebbe non solo esigere dal suo mandatario informazioni circa le retrocessioni percepite dall’apportatore, ma anche esigere che queste retrocessioni percepite gli vengano corrisposte, così come tuttigli altri vantaggi economici che l’apportatore dovesse aver percepito a seguito dello svolgimento del mandato.
In pratica il mandatario (apportatore) non deve risultare arricchito dall’espletamento del mandato, fatta ovvia eccezione pergli onorari pattuiti con il cliente. La pretesa del cliente si prescrive in 10 anni ed è esigibile già dal momento stesso in cui il mandatario ha percepito la retrocessione o altro vantaggio economico da terzi.
Dal punto di vista penale – se specifiche condizioni sono adempiute – l’apportatore rischia di essere ritenuto colpevole di alcuni reati previsti dal codice penale svizzero, tra cui spicca quello di amministrazione infedele (art. 158 CP), nonché quello di corruzione di privati (art. 322octies CP), reato quest’ultimo da poco introdotto nel codice penale (e meglio dal luglio 2016).
In conclusione, é pertanto opportuno – se non fondamentale – che nel contratto di mandato – o comunque prima di eseguire un’attività quale apportatore – vengano specificatamente pattuite le facoltà del mandatario-apportatore, in modo da evitare potenziali contenziosi civili e men che meno inchieste penali.
A titolo d’esempio nel contratto di mandato si potrebbe stabilire che il cliente (mandante) rinuncia in favore del mandatario alle retrocessioni che il mandatario percepirà da terzi quale apportatore; ciò è tuttavia solo possibile a condizione che prima di tale rinuncia il cliente sia dettagliatamente informato sull’ammontare prevedibile di eventuali retrocessioni o quanto meno sui parametri che verranno utilizzati per determinarle. Va comunque fatto notareche un eventuale accordo di questo tipo non esclude a priori l’implicazione di risvolti di natura penale.