Appalto: Ritardo dell'impresa
Come può agire il proprietario se l'impresa che ha contrattato é in ritardo con i suoi obblighi?
Uno dei problemi più frequenti nell’ambito del contratto d’appalto (contratto per mezzo del quale le parti concordano la costruzione o la realizzazione di un’opera, pensiamo ad esempio ad un’immobile) è quello del ritardo dell’appaltatore (quindi dell’artigiano, costruttore, impresa, ecc.).
Le conseguenze del ritardo dell’appaltatore si differenziano a seconda se:
- Vi è già un ritardo, e meglio se un termine di consegna stabilito non è stato rispettato; oppure
- Il termine di consegna non è ancora giunto, ma è prevedibile che l’appaltatore sarà in ritardo
In caso di ritardo: termine spirato
Qualora entro il termine stabilito l’appaltatore non avesse consegnato l’opera concordata o ultimato la stessa sono applicabili gli articoli 102 – 109 CO (e non l’art. 366 cpv. 1 CO).
Il committente deve procedere come segue:
- Interpellare l’appaltatore (messa in mora). L’interpello non è necessario se il termine di consegna o di ultimazione dell’opera è precisamente definito nel contratto (“Consegna: 30 marzo 2020”).
- Essere certo che il ritardo sia imputabile all’appaltatore (il quale risponde anche per ritardi di suoi collaboratori o del proprio personale ausiliario, come per esempio di suoi subappaltatori). Non vi è per contro alcun ritardo imputabile all’appaltatore se il committente è in ritardo con dei pagamenti.
- Impartire all’appaltatore un termine suppletorio adeguato, entro il quale l’appaltatore deve ultimare i lavori necessari e consegnare l’opera terminata. Questo termine suppletorio può essere già assegnato con la lettera con la quale s’interpella l’appaltatore (messa in mora). In alcuni casi l’assegnazione di un termine suppletorio non è necessaria; nel dubbio si consiglia comunque di procedere in questo senso.
Se entro il termine suppletorio l’appaltatore non adempie ancora al contratto, al committente spettano le seguenti tre opzioni:
- Continuare a chiedere la prestazione (tardiva) e chiedere il risarcimento del danno causato dal ritardo (per esempio delle pigioni non incassate a causa del fatto che un immobile non è stato completato). Se il committente dopo lo scadere del termine suppletorio non comunica alcunché si presume che egli abbia optato per questa opzione. Se l’appaltatore continua a non adempiere alla sua prestazione il committente può successivamente optare per le altre opzioni che seguono.
- Comunicare immediatamente dopo la scadenza del termine suppletorio che si recede dal contratto. Il recesso avviene “ex tunc”, ciò che significa che tutte le prestazioni già avvenute (fornitura parziale dell’opera e pagamenti intermedi) devono essere di principio restituite (retrocesse). Se non è possibile procedere alla restituzione dell’opera (pensiamo nel caso di costruzioni immobiliari) il recesso corrisponde ad una disdetta (“ex nunc”), ciò che significa che il committente può tenere la prestazione nel frattempo già percepita dall’appaltatore ma deve pagare lo stesso per il lavoro svolto. Si consiglia di optare per questa opzione solo se i lavori sono da poco cominciati ma non se l’opera è in gran parte già realizzata. Da notare che se il committente opta per questa opzione, gli eventuali costi che il committente subirebbe qualora decidesse d'ingaggiare un nuovo appaltatore per ultimare i lavori non sono risarcibili dall’appaltatore in mora. Se il committente ha intenzione di continuare i lavori con un’altra ditta dovrebbe pertanto scegliere l’opzione che segue.
- Comunicare immediatamente dopo la scadenza del termine suppletorio che si rinuncia alla prestazione mancante e si chiede in luogo della stessa il risarcimento dei costi derivati dall’inadempimento. In questo caso il risarcimento – differentemente dalla seconda opzione di cui sopra – può includere anche il costo subito dal committente per assegnare le opere restanti ad un terzo.
É estremamente importante che il committente rifletta attentamente come procedere e quale delle tre opzioni di cui sopra attivare. La scelta presa è infatti definitiva ed una scelta sbagliata potrebbe averetragiche conseguenze economiche ma anche in un eventuale successivo processogiudiziario.
In caso di prevedibile ritardo: termine ancora non spirato
In questo caso la legge (segnatamente l’art. 366 CO) offre al committente un valido ed efficace strumento per non dover necessariamente attendere lo spirare del termine per difendersi in caso di prevedibile inadempimento. Vi è un prevedibile inadempimento per esempio quando l’appaltatore non comincia colpevolmente l’opera quando pattuito o ne ritardi oggettivamente l’esecuzione.
Nonostante ciò non sia previsto nel testo di legge (art. 366 cpv. 1 CO) il committente deve procedere anche in questo caso come previsto dall’art. 107 cpv. 2 CO. É pertanto necessario rispettare le formalità di questo articolo (vedi sopra) anche nel caso di prevedibile ritardo. In oltre il committente non ha solo diritto di recedere dal contratto (come previsto dall’art. 366 cpv. 1 CO) ma ha anche diritto alle altre due opzioni previste dall’art. 107 CO (vedi sopra). Se il committente agisse solo rispettando alla lettera quanto previsto dall’art. 366 cpv. 1 CO commetterebbe un grave errore, in quanto nella maggior parte dei casi egli avrebbe dapprima dovuto interpellare l’appaltatore ed impartire allo stesso un termine suppletorio, entrambe cose che il testo di legge – purtroppo – non indica. Un tale recesso dal contratto – senza preventivo interpello e termine extra – verrebbe considerato una disdetta (art.377 CO) per la quale il committente deve tuttavia tenere completamente indenne l’appaltatore, cosa che potrebbe quindi avere gravose conseguenze economiche per il committente (nessuna prestazione da parte dell’appaltatore ma obbligo di pagargli l’integralità della mercede prevista contrattualmente!).